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PERCHÉ PROPRIO LA SPORTS THERAPY?

Aggiornamento: 11 mag 2023


Una cosa che mi sento dire spesso dai miei clienti è “Si vede che ti piace il tuo lavoro!”. In effetti è così, mi piace davvero moltissimo: stare a contatto con le persone, aiutarle a raggiungere i loro obiettivi, sostenerle nei momenti di difficoltà. Certo non posso dire che saltio giù dal letto come una faina tutte le mattine, probabilmente somiglio più a un bradipo in questo senso, ma di certo non mi pesa, anzi, dà senso alla mia giornata, è parte del mio Ikigai.


Cosa vuoi fare da grande?

Ammetto che non è stato sempre così: non sono una di quelle persone che già da piccole sapevano cosa volevano fare nella vita. Ricordo una mia compagna delle elementari che diceva di voler fare l’insegnante di matematica quando io ancora credevo di poter entrare a far parte di una squadra maschile di football americano in un college degli Stati Uniti (cosa ovviamente impossibile, ma a 7 anni mica te lo spiegano). Fatto sta che lei oggi fa l’insegnante di matematica come ha sempre voluto e io faccio un lavoro che fino a qualche anno fa non sapevo nemmeno che esistesse. Ho usato di proposito il verbo “fare” e non “essere”, perché credo che il lavoro sia un mezzo che ci aiuta a esprimere noi stessi e le nostre potenzialità, ma rimane comunque un qualcosa che facciamo, non è ciò che siamo.


Ricordo che all’esame di terza media avevano richiesto una tesina per educazione fisica e io avevo scelto di parlare dei muscoli e delle ossa (già lì qualcosa bisognava intuirlo), ma la scelta della scuola superiore e dell’università è poi andata verso un’altra direzione. Direzione che non rinnego assolutamente e della quale in realtà sono molto contenta, perché se non avessi studiato lingue ed economia non avrei mai ricevuto un’offerta di lavoro dal Regno Unito.

L’attività sportiva però era sempre lì:, la passione per l’allenamento e una vita sana riempivano le mie giornate fuori dall’ufficio. A un certo punto mi sono detta “È inutile che continui a leggere libri, siti internet e guardare video su YouTube senza un senso logico, ci vuole di più”. Così mi sono iscritta nuovamente all’università, ma questa volta in Inghilterra. Non l’ho fatto con l’intenzione di cambiare carriera, avevo solo sete di sapere. Ed è grazie a questa decisione che ho ricevuto un’offerta di lavoro come Assistant Physiotherapy al Queen’s Medical Hospital a Nottingham e ho potuto maturare esperienza nel campo della riabilitazione.


A leggere queste righe potrebbe sembrare che le cose siano andate lisce come l’olio, ma in realtà non è stata una passeggiata di salute: facevo un lavoro full time in ospedale a cui, oltre all’università, ho affiancato lo studio per conseguire le certificazioni di Personal Training e Sports Massage, e appena possibile ho iniziato a offrire questi servizi ai primi clienti. Per alcuni anni non sono esistite serate libere, weekend, vacanze, ma l’ho fatto volentieri, perché oggi sono davvero contenta del risultato: ho conseguito una laurea in Sport and Exercise Sciences e un master in Applied Exercise and Sport Medicine che mi hanno permesso di alzare l’asticella della qualità dei miei servizi e aiutare sempre più persone a raggiungere i loro obiettivi.


Una professione che ho scelto

Come vedete il mio cambio di carriera non è stata un’illuminazione a ciel sereno, ci è voluto un po’ per realizzare ciò che volevo fare: le potenzialità erano lì da tanto tempo, ma non le vedevo, o forse non volevo vederle, perché avevo paura di guardarmi dentro e scegliere, a 32 anni, di ricominciare tutto daccapo. Avrei potuto continuare ad andare in ufficio dove svolgevo un lavoro sicuro e senza troppe responsabilità, ma avevo davanti a me ancora 35 anni di lavoro prima della pensione e li volevo passare facendo qualcosa che davvero mi piacesse, non svegliandomi ogni mattina sperando che arrivasse in fretta il weekend.


Oggi posso dire che “non lavoro perché devo, ma scelgo di lavorare”.

Se penso invece al motivo per cui ho scelto questo lavoro, non me ne viene in mente solo uno; è stata una scelta che è maturata e arrivata nel tempo. Sono le esperienze che ho vissuto ad avermi condotta fino a qui.


La passione per lo sport c’è stata fin da bambina, tuttavia non avevo mai pensato di farne una professione. La riabilitazione è arrivata dopo e ha avuto un ruolo davvero importante: essendo sempre stata molto attiva ho perso il conto degli infortuni avuti (pensate che il primo infortunio l’ho avuto che ero ancora nel ventre di mia madre: bene, ma non benissimo come inizio). L’operazione al ginocchio e relative conseguenze però me le ricordo bene: il dolore, il senso di inadeguatezza, la mancanza di fiducia, la speranza che un giorno tutto passerà e si potrà finalmente tornare ad avere una vita normale o quanto meno gestibile.


Di quella esperienza, ricordo soprattutto i terapisti buoni e quelli “meno buoni” ed è questo pensiero che mi spinge a dare il massimo ogni giorno; il motivo per cui continuo a studiare e praticare, perché chi si rivolge a me sappia di aver trovato una brava terapista. Una Sport Therapist che offre un servizio di alta qualità, che sia un punto di riferimento e, soprattutto un supporto, per chiunque abbia un obiettivo da raggiungere.


La storia della carpa Koi

Quindi perché ho scelto questo lavoro? Per far conoscere alle persone il potenziale del corpo umano che è insito dentro di loro, ma nel quale non credono più. Un potenziale dimenticato e che una volta ritrovato non solo permetterà loro di raggiungere gli obiettivi prefissati, ma cambierà totalmente il modo di affrontare la vita.

I giapponesi vedono in un’antica leggenda, quella della Nishikigoi (una piccola carpa Koi che si trasforma in drago), il simbolo di coraggio e perseveranza che condurrà l’essere umano alla consapevolezza di sé. Io credo che siamo tutti piccole carpe Koi e la mia missione è fare di te che stai leggendo una Nishikigoi.







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